RIONE
PRATI (III PARTE):
Ponte
Vittorio Emanuele II
CHIESA
DI SANTA MARIA DEL ROSARIO
arch. prof. Paolo
Gioffreda
Ponte
Vittorio Emanuele II
Sui quattro basamenti poggiano altrettante “vittorie alate”, in
bronzo, che recano fra le mani: la corona della vittoria,
l'armatura (panòplia) militare nei suoi motivi
ornamentali,
lo scudo, la spada, le catene spezzate (DELLA
“SCHIAVITÚ”
CHE I ROMANI AVREBBERO SOPPORTATO SOTTO L'IMPERO ROMANO
E POI CON IL PAPATO), il ramo di quercia ed la corona/ghirlanda fiorita
(PER
INCORONARE
LE TRUPPE SABAUDE CHE SAREBBERO ANDATE A “LIBERARE”
ROMA).
Tutti segni e simboli dell'invenzione palingenètica
dei Savoia, come che prima fosse tutto
schiavitù-tortura-afflizione-martirio-tenebre e con l'Italia
unita tutto divenisse gaudio-libertà-entusiasmo-luce
infinita, una luce che avrebbe liberato la città di San
Pietro dalle tenebre.
Una
trasformazione ed un cambiamento radicali mediante una
sorta di nuova religione, con un impeto alla maniera
della rivoluzione francese (peraltro già superata da un
secolo), al fine di generare uomini nuovi, con animi
finalmente purificati e liberati.
Tutto
ciò però non convinse i romani di fine ottocento e primo
novecento: la loro stessa cultura plurimillenaria non
potè far propri tali messaggi propagandistici.
Quell'entusiasmo che da allora, fino ad oggi, è rimasto
solo cristallizzato in queste opere.
In realtà la storia di
Roma e dei romani non fu tanto disastrosa quanto queste
opere propagandistiche avrebbero voluto dimostrare, tanto
è vero che vollero come capitale d'Italia proprio Roma,
per la sua storia, la sua cultura, la sua civiltà!
Tutto questo va a
contraddire gli interi contenuti che queste opere
vorrebbero ancora trasmetterci. Infatti quando ci si passa
davanti, molto difficilmente ci si sofferma a contemplare
il messaggio che ci vorrebbero ancora mandare e/o, se
volete, tramandare.
L'immagine più
paradossale, fra tutti falsi angeli, rimane quella che
SGUAINA LA SPADA VERSO SAN PIETRO: una spada che resta
ancora lì, sguainata, come segno minaccioso del nuovo
stato anticlericale, come minaccia sostanziale contro la
Chiesa, come incrontrovertibile intimidazione di non
tentare più di avanzare oltre!
Tutta l'altisonanza
quindi, delle opere di questo ponte, non ha voluto che
reclamizzare nel tempo quell'invasione del 20 settembre
1870.
Qui abbiamo un'opera di
arte sacra da strada, il "sacrum vaccinum": a mostrare la
ormai nota forma maniacale, diffusasi durante la
cosiddetta "pandemia" da covid-19, al punto di apparirci
come una forma di religione, legata al "sacro farmaco
genico sperimentale", che porterebbe alla
....... "salvezza".
Come
evidenziato in alto nella planimentria del rione,
oltretutto, anche le nuove chiese sono scarsissime rispetto
alla popolazione e, per la prima volta dopo quasi due
millenni di Cristianesimo, ubicate in maniera da non essere
visibili dai passanti.
Con la nuova Italia risorgimentale, l'impianto
urbanistico, con i suoi tracciati viari, fu costruito
volutamente evitando che qualsiasi strada avesse avuto, al
suo orizzonte visivo, la cupola di San Pietro.
Non solo, ma i nomi di piazze e vie furono riferiti
a soggetti risorgimentali, come quelli di Piazza
Risorgimento, di Piazza Cavour, oppure addirittura la strada
principale di Prati, che è in asse con Piazza del Popolo,
ovvero via Cola di Rienzo, fosse intitolata nel 1885 a
Cola di Rienzo, tribuno e senatore romano, che nel XIV
secolo tentò di ripristinare la Repubblica a Roma, in
contrasto con l'allora potere papale.
La
nuova Italia risorgimentale voleva una "nuova" Roma, che avrebbe dovuto cancellare la Chiesa dal
suo orizzonte, quindi anche dalla percezione visiva dei suoi
abitanti e turisti,
che avesse dovuto evitare di vedere l'immagine del Cupolone
e del Palazzo Apostolico.
Una vera e propria damnatio
memoriae, che avrebbe cancellato la
Chiesa dalla memoria collettiva, con le sue funzioni
accademiche, sanitarie, caritatevoli, pedagogiche, morali,
assistenziali, quindi volere con ogni sforzo eliminare
l'evidenza che la fede cristiana con la Chiesa, che è
costituita da tutti i battezzati, a fornire il primo e
fondamentale ruolo per la preparazione, l'ottimizzazione ed
il raggiungimento della pienezza
dell'identità italiana nei secoli, ma diciamo proprio nei
due millenni della Cristianità.
Questa è ancora oggi, immutata, la Roma
risorgimentale, voluta così, anticattolica, la Roma del
“plurielogiato” sindaco Nathan, una Roma tutt’altro che
libera e liberale, ma quantomeno ostracizzante, per usare un
sincero eufemismo.
CHIESA
DI SANTA MARIA DEL ROSARIO
Questa chiesa è un
bell'esempio di stile neogotico ed è caratterizzata da una
serie di particolarità: spicca ad esempio la trama
orizzontale con colori bianco ed arancione delle colonne,
oltre che da cinque arcate, ma anche per le volte decorate in modo da richiamare a tutti
gli effetti un cielo stellato.
Si presenta suddivisa in
tre grandi navate e l'altare, molto grande e sovrastato da un suggestivo trittico che
raffigura la Madonna del Rosario, viene incorniciato
da tre meravigliose vetrate policrome, che creano suggestivi
effetti di luce, raffiguranti rispettivamente le tre corone
con i quindici misteri (GIOIA, DOLORE, GLORIA). Il Rosario
con i misteri della LUCE, ovviamente, non era ancora stato
istituito da San Giovanni Paolo II, all'epoca dell'avvenuta
realizzazione, nel 1916.
Peccato veramente che
l'ubicazione della chiesa sia in una strada secondaria
quindi, fra gli innumerevoli pellegrini
che giungono a Roma, ben pochi hanno la possibilità di
conoscere questo luogo straordinario, nella fede e nella
contemplazione del Santo Rosario.
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RIONE
PRATI, "Fontana-giardino" a Piazza Mazzini, nell'attuale
Quartiere Della Vittoria:
CHIESA
DI SAN GIOACCHINO IN PRATI
arch. prof. Paolo Gioffreda
"Fontana-giardino" a Piazza Mazzini
La sistemazione
dell’area centrale di piazza Mazzini, fulcro del nuovo
quartiere della Vittoria, si deveall’architetto Raffaele De
Vico (1881-1969), il quale, ispirandosi ad un antico ninfeo,
vi collocò una grande fontana che egli stesso definì
”fontana-giardino”.
Materiali semplici
e naturali ma di grande effetto visivo progettuale, anche
nella pavimentazione musiva:
travertino, peperino, malta cementizia, breccia di fiume.
CHIESA
DI SAN GIOACCHINO IN PRATI
Venne rivolto un
appello ai cattolici di tutto il mondo, affinchè
contribuissero alla costruzione del tempio da dedicarsi
a S. Gioacchino e da offrirsi al Papa Leone XIII.
Ventisette nazioni
risposero generosamente all'appello. Quattordici di
esse, con la loro eccezionale partecipazione, adornarono
ognuna una cappella che ne porta il nome: Brasile,
Portogallo, Baviera, Polonia, Canada, Inghilterra, Stati
Uniti, Spagna, Francia, Italia, Belgio, Olanda, Irlanda,
Argentina.
L'inaugurazione
avvenne il 20 agosto 1898.
Anche la Chiesa di San Gioacchino in Prati, per la prima volta dopo quasi due millenni di
Cristianesimo, venne ubicata in maniera da non essere
visibili dai passanti. Con
la nuova Italia risorgimentale, l'impianto urbanistico, con i suoi tracciati
viari, fu costruito volutamente evitando che qualsiasi via
affacci sulla cupola di San Pietro, non solo i nomi di
piazze e vie sono chiaramente risorgimentali come quelli
di piazza Risorgimento, di piazza Cavour, oppure
addirittura la strada principale di Prati, che
è in asse con Piazza del Popolo, ovvero via Cola di
Rienzo, fu intitolata nel 1885 a Cola di Rienzo, tribuno
e senatore romano che nel XIV secolo tentò di
ripristinare la Repubblica a Roma in contrasto con
l'allora potere papale.
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RIONE
PRATI (I PARTE): luoghi di culto ed opere d'arte sacra
visitati, nell'attuale Quartiere Della Vittoria:
"La
dea Roma" di Igor Mitoraj,
RAI
"Il cavallo morente" di Francesco Messina,
BASILICA
DEL SACRO CUORE DI CRISTO RE
Lezione on line/podcast video: "UNA
RILETTURA DELLA VISITA SVOLTA IL 28-04-2022":
arch. prof. Paolo
Gioffreda
Scultura
in marmo "La dea Roma" di Igor Mitoraj
Scultura
in bronzo simbolo della RAI "Il cavallo morente" di
Francesco Messina
BASILICA
DEL SACRO CUORE DI CRISTO RE
In uno dei due portali laterali esterni, le cui
proporzioni rispondono a quelle degli archi trionfali
romani, avevamo l'opera del maestro del ferro battuto,
Isnaldo Petrassi, come lo definiva Marcello Piacentini,
consistente nelle tre sfere "Trinità" ed un'aquila. Le tre
sfere anche ad emblema delle Tre Virtù Teologali, Fede,
Speranza e Carità. L'aquila, è la più nobile fra i volatili,
ma anche in generale fra tutti gli animali è simbolo della
potenza, della vittoria, in questo caso dell'impero italiano
negli anni '30 del XX secolo. In questo caso le tre sfere
sintetizzano che Fede, Speranza e Carità vanno
necessariamente associate e perseguite dagli uomini, per
l'espansione della nostra cultura cristiana nel mondo. Per
l'arcinota damnatio memoriae, nel dopoguerra venne
sostituita con lo stemma di Pio XII. Al momento l'abbiamo
ritrovata, ben custodita e conservata nell'archivio
parrocchiale. Nell'altro portale laterale è invece rimasta
l'opera del Petrassi che raffigura La Croce in un cerchio
raggiato ed Il Sacro Cuore di Gesù Trafitto al centro: è il
simbolo della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore,
che si adoperò per la costruzione del tempio e che ancora
oggi amministra.
Squarcio metafisico: poliedricità di elementi,
stilemi, geometrie, dal chiostro della Basilica del Sacro
Cuore di Cristo Re, in Roma.
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"RIONE
TESTACCIO:
CHIESA
DI SANTA MARIA LIBERATRICE"
arch.
prof. Paolo Gioffreda
CHIESA
DI SANTA MARIA LIBERATRICE
La
Chiesa di Santa Maria Liberatrice venne eretta nel XIII sec.,
dove si trovava la Chiesa di Santa Maria Antiqua del VI sec.,
primo santuario mariano nel mondo, edificata dai bizantini
come Cappella Palatina, dedicata a Maria. Veniva chiamata
anche "Sancta Maria libera nos a poenis inferni".
La
chiesa venne fortemente restaurata nel 1617 da Onorio Longhi,
ma nel 1900 venne demolita, con un restauro critico per far
rivivere la Chiesa di Santa Maria Antiqua.
Il
titolo di Santa Maria Liberatrice fu trasferito per questa
nuova chiesa costruita al rione Testaccio nel 1908, voluta da
San Pio X, che affidò la costruzione prima ai benedettini (ha
stilemi infatti vicini alla Chiesa di Sant'Anselmo
sull'Aventino), poi ai salesiani.
Venne
progettata sapientemente dall'arch. Mario Cedarini, che
riporta lo stile neo-preromanico e neo-romanico, con elementi
bizantini come l'iconografia dell'affresco della Chiesa di
Santa Maria Antiqua con Il Christus Thriumphans, oggi una
fondamentale e pedagogica testimonianza di fede dei primi
secoli del Cristianesimo, qui replicata in mosaico su scala
maggiore, proprio sulla facciata esterna principale, quindi
ben osservabile dalla piazza.
All'interno,
sull'altare maggiore, l'immagine venerata della Madonna con
Bambino, trasferita dalla
Chiesa di Santa Maria Liberatrice, del XVI sec. ed
incoronata il 4 agosto 1653.
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"RIONE
CASTRO PRETORIO (II PARTE):
"BASILICA
DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI E DEI MARTIRI
(con
la partecipazione del maestro scultore Ernesto Lamagna)"
arch.
prof. Paolo Gioffreda
BASILICA
DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI E DEI MARTIRI
La
Meridiana, posta nel transetto destro della Basilica
di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri,
incastonata nella splendida pavimentazione in marmi
policromi basilicali, si estende lungo una linea di
44,89 metri. Essa fa parte di un grande orologio
solare, tra i più pregevoli della Capitale ed
inaugurato il 6 ottobre 1702 e tuttora funzionante. Si tratta di un’opera notevole , sia per valore
estetico , sia in termini di qualità tecnica e, come recita
l’epigrafe collocata in basilica, essa «[...] servì a
regolare gli orologi di Roma
fino al 1846 quando il cannone dal Gianicolo cominciò ad
annunciare il mezzodì».
Questo strumento
astronomico, conosciuto come Linea Clementina da
papa Clemente XI (Giovanni Francesco Albani, 1649-1721),
che ne affidò la realizzazione al canonico matematico
Francesco Bianchini, è detto meridiana a camera oscura ,
per la presenza di un foro stenopeico (foro gnomonico) ,
ovviamente posto a sud.
In tal modo è
possibile prevedere le posizioni dell’ellissi luminosa
durante i principali eventi astronomici: solstizio
d’inverno e solstizio d’estate, in cui si raggiungono,
rispettivamente, la distanza massima e minima dal foro
gnomonico, e punto equinoziale in cui il Sole entra, nel
suo moto apparente, in Primavera ed in Autunno.
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"RIONE
LUDOVISI:
"CHIESA
DEL SS. REDENTORE E S. FRANCESCA SAVERIO CABRINI, CHIESA DI
S. LORENZO DA BRINDISI,
SANTUARIO
E CHIESA DI S. MARIA REGINA DEI CUORI, CHIESA EVANGELICA
LUTERANA DI ROMA (CHRISTUSKIRCHE),
PALAZZO
MARGHERITA (oggi ospita l'Ambasciata degli Stati Uniti
d'America),
CHIESA
DI S. MARIA DELLA CONCEZIONE DEI CAPPUCCINI, FONTANA DELLE
API"
arch.
prof. Paolo Gioffreda
CHIESA
DEL SS. REDENTORE E S. FRANCESCA SAVERIO CABRINI
CHIESA
DI S. LORENZO DA BRINDISI
SANTUARIO
E CHIESA DI S. MARIA REGINA DEI CUORI
CHIESA
EVANGELICA LUTERANA DI ROMA "CHRISTUSKIRCHE"
PALAZZO
MARGHERITA (oggi ospita l'Ambasciata degli Stati Uniti
d'America)
CHIESA
DI S. MARIA DELLA CONCEZIONE DEI CAPPUCCINI
FONTANA
DELLE API (Gian Lorenzo Bernini)
Alla fine della discesa di via Veneto presso
l’angolo con via San Basilio, vi è la storica fontana delle
Api, collocata nella vicina fontana del Tritone.
La fontana, in travertino e a forma di conchiglia
bivalve aperta, fu eretta nel 1644 da Gian Lorenzo Bernini,
per volere di papa Urbano VIII Barberini.
La sua collocazione originaria era all’angolo di
palazzo Soderini, tra piazza Barberini e via Sistina.
Di piccole dimensioni e ad uso pubblico, assolveva
la funzione di “beveratore delli cavalli”; in onore del
committente il Bernini rappresentò sulla fontana le Api,
simbolo araldico della famiglia e del pontefice.
Sulla valva superiore un distico scritto recita:
“Il Sommo Pontefice Urbano VIII, costruita una fontana a
pubblico ornamento dell'Urbe, a parte fece fare questo
fontanile per uso dei cittadini nell'anno 1644, ventunesimo
del suo pontificato”. Questa iscrizione scatenò una curiosa
polemica e ironia del popolo romano a causa della riga “ANNO
MDCXLIV PONT XXII”
(il pontefice aveva anticipato il giorno dell’inaugurazione
due mesi prima al compimento del ventiduesimo anno del suo
pontificato), polemica che in quell’occasione “Pasquino”
divenne portavoce delle aspre maldicenze dei romani
sentenziando: “Havendo il Barberini succhiato tutto il
mondo, ora volevano succhiare anche il tempo!”. Per placare
le polemiche, il cardinale Francesco Barberini, nipote del
papa, dispose che venisse abrasa l'ultima cifra
dell'iscrizione togliendo una "I".
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